Le valli che circondano Domodossola offrono una grande varietà di percorsi adatti ad ogni tipologia di escursionista. In queste pagine mi propongo di riportarne alcuni, da me provati, e di fornire qualche informazione, sperando di fare cosa utile ad altri appassionati come me.

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Alpe Prà - Alpe Ghiaccio

La dorsale del Pizzo Camino che scende verso Pieve Vergonte è disseminata di grossi alpeggi, visibili anche dal fondovalle, che sono la meta di questa lunga escursione. Ho programmato un giro ad anello salendo per il sentiero in presa diretta (in rosso) e con discesa sulla strada consortile, più lunga ma meno faticosa (in giallo), con l’intento di visitare quasi tutti questi alpeggi.

Non conoscendo però la zona, ho parcheggiato a Fomarco presso il sentiero che sale subito ripido verso la frazione Gulo. Si sbuca sulla strada asfaltata che sale all’oratorio della Madonna della Crosa, dove in effetti sarebbe stato possibile parcheggiare nell’area destinata alle feste campestri (risparmiando almeno 100m di dislivello). Si prosegue verso la Centrale Enel, ma poco prima del piazzale di ingresso, un cartello indica l’attacco del sentiero. Si prende a salire in forte pendenza su traccia sempre evidente e segnalata, sotto un bosco misto. Il fondo non è dei migliori, ingombro di foglie e rami caduti. Il primo tratto termina all’alpe Villa. Salendo sul prato a destra, alle spalle delle baite, si gode di una bella vista sulla bassa valle Anzasca e sulla dorsale della Colma di Castiglione.

Ritornati sul sentiero, ora meno ripido, si entra in un bosco più aperto e luminoso ove predominano betulle e faggi. In breve si raggiunge l’alpe Jaccheggi che si lascia sulla sinistra per proseguire su una esile traccia che attraversa un piccolo castagneto, con alberi secolari che fanno pensare alla fiaba di Hansel e Gretel. La traccia prosegue sulla sinistra, supera un piccolo balzo e in breve raggiunge l’alpe Punter, più discosto e abbandonato (non è servito dalla strada poderale).

Da qui la pendenza torna a farsi severa, ma il bosco e tutto l’ambiente si fanno molto suggestivi, aiutando a sopportare la fatica richiesta per superare gli ultimi 350m che mancano all’alpe Prà.

Questo alpeggio gode di una invidiabile posizione panoramica su tutta la valle ossolana, da Domo a Ornavasso e sulla catena di monti che la separano dalla Valgrande. Qui le baite sono tutte ristrutturate e anche prati e orti sono ben tenuti.

L’alpe Prà era la meta del giorno, e può giustamente essere il traguardo di una piacevole escursione di 850m di dislivello (da Fomarco). Dopo una sosta di un’ora, per rifocillarmi e riprendere forze, invogliato da un cartello che dava 30min per l’alpe Ghiaccio (+250m) ho deciso di provarci. Effettivamente 35min sono risultati sufficienti coprire il dislivello. Il tracciato anche qui è ben evidente e segnalato e in buone condizioni; il primo tratto risale i pascoli alle spalle dell’alpeggio, si sposta poi verso sinistra per un tratto nel boschetto, con qualche difficoltà per l’abbondanza di foglie, e risale infine i prati sotto l’alpe Ghiaccio. Tre o quattro baite in buono stato e una costruzione in stile canadese risultata essere un bivacco/rifugio del CAI di Piedimulera (chiuso) che potrebbe essere un buon punto di appoggio per la salita al Pizzo Camino. Siamo a quota 1.500m e dietro le baite c’è ancora abbondante neve, tira anche un vento frizzante.

Dopo una breve sosta per ammirare il panorama, che qui è ancora più vasto, prendo a scendere per il medesimo tracciato della salita, con molta attenzione al tratto sommerso dalle foglie. Ritornato a Prà ho seguito la strada consortile, con qualche deviazione) per visitare gli altri alpeggi (Pozzuolo, Gabattina, Ciliegia). Senza problemi, ma con una camminata “infinita” si ritorna al parcheggio di Fomarco. 
Effettuata19 Aprile 2024
Dislivello complessivo1100 m   
Distanza percorsa 11 Km
Tempo di cammino 7 h


NOTE  importanti:

Alpe Colla

Ho parcheggiato facilmente nella zona bassa di Colloro e ho seguito la strada asfaltata per l’alpe Lut fino a poco oltre la presa Enel sul Rio del Ponte da dove, a sinistra, inizia il sentiero per l’alpe Colla. Il tracciato è molto buono, sempre evidente, pulito e ben battuto. 

Sotto un rado bosco, attualmente in fase di rimboschimento da parte dell’ente Parco Valgrande, si sale a stretti tornanti sulla schiena d’asino che separa i valloni del Rio del Ponte (a sx) e del Rio di Nass (a dx) che scende direttamente da Colla. La pendenza è costante e decisa per tutto il tratto che porta agli alpeggi dei Curt. 

Sono 6 gruppi di baite sparse ai lati del sentiero e distribuite su circa 100m di dislivello. Il primo alpeggio si incontra verso quota 950m ed è quello meglio conservato e in buona posizione panoramica. Nel tratto che attraversa i Curt il fondo del sentiero è più roccioso, a tratti scavato direttamente nel sasso. Superate le ultime baite la pendenza finalmente si attenua e con un traverso verso destra si supera il Rio di Nass, proprio nei pressi dell’alpe Corpic, poche baite in buono stato in posizione aperta e panoramica. 

Da Corpic si affronta il tratto di salita finale, che risulta anche il più impegnativo. Il cartello del CAI indica 20 minuti per l’alpe Colla, ma è decisamente troppo ottimistico. Sono 250m in presa diretta (oltre 30%) avendone già saliti quasi 700. Mi sembra più realistico prevederne 35/40 (io ne ho impiegati 45). Il tracciato è su sentiero scoperto a ridosso del bastione che sorregge l’alpe, al riparo quindi da ogni brezza e con esposizione in pieno sud. Da considerare anche l’effetto “calore”.

Il sentiero è sempre ben evidente, in buono stato relativamente all’ambiente, con tratti su roccette o su costone erboso, parecchi tornantini e rari traversi. Si sbuca finalmente sulla stretta sella erbosa sulla quale resistono i ruderi dell’alpeggio, e si rimane letteralmente incantati dalla vista che ci si apre improvvisamente davanti e intorno.

Difronte la cresta che chiude la Valgrande con evidente a centro la Colma di Premosello. A destra ben 4 laghi: Mergozzo, Maggiore, Varese e Monate. A sinistra l’alpe addossata alla dorsale rocciosa che scende dalla Cima Saler. E alle spalle la lunga catena di cime che separa l’Ossola dalla Val Sesia con l’imponente parete est del Monte Rosa (oggi purtroppo nascosta da una persistente foschia alta). Le tardive nevicate primaverili sono la ciliegina sulla torta. È raro un panorama così vasto a soli 1400m di altitudine e a questo spettacolo ho dedicato una lunga sosta.

Rifocillato, riposato e soddisfatto ho ripreso la marcia a ritroso sul percorso di salita, dedicando più tempo a qualche visita curiosa agli alpeggi attraversati nella mattinata.

Penso che sia superfluo sconsigliare l'escursione durante i periodi molto caldi


Effettuata8 Aprile 2024
Dislivello complessivo930 m   
Distanza percorsa 8 Km
Tempo di cammino 6 h  30'


NOTE  importanti:

Alle pendici del Pizzo delle Pecore

Sono parecchi i paesi e le frazioni lungo le pendici della cresta che separa l'Ossola dalla Valgrande, su una costa prevalentemente rocciosa, disseminata di cave, un tempo fonte di lavoro e ricchezza, ed oggi  riconquistate dal bosco che si è riappropriato pure degli esigui pascoli di un tempo. 
Oltre alle principali escursioni, in genere impegnative per dislivelli e pendenze, ci si può inventare anche una discreta serie di passeggiate utili per conoscere luoghi e testimonianze storiche, ma anche per mantenere un minimo di allenamento nelle belle giornate invernali.
Ne riporto qui sotto alcune, solo a titolo di esempio.


Giro ad anello Beura - Bissoggio - Cà d'Giani   (300m dislivello - 2,5Km - 2h)   gennaio 2024

Si può parcheggiare nei pressi del Comune o appena oltre il ponte. L'itinerario parte proprio a fianco del palazzo comunale, è ben tenuto e sempre evidente. Superate le ultime case, al bivio prendere a destra (a sinistra invece...). Inizia subito una rampa scalinata che ci si para davanti come un muro a secco. Ho calcolato una pendenza del 40% nel tratto sino alla Cappelletta e di poco inferiore fino ai ruderi di Cresta. Se ci si fa prendere però dal panorama che subito si apre alle spalle e dai resti della cava di beole che rimane sul fianco destro, lo sforzo si sente meno.
A Cresta si prosegue diritto su un dolce falsopiano che tende a destra fino a sfiorare il bordo del canalone del Rio delle Rovine (!!) con alcuni passaggi esposti ma protetti con corde e ringhiere. La mulattiera riprende pendenza e con una lunga scalinata raggiunge un bel fontanile e, poco oltre, le prime baite di Bissoggio. Questa frazione è molto ben tenuta, con belle baite, un antico torchio a doppia vite e un balcone panoramico con tanto di panchina provvidenziale. 
Alpe Bissoggio
Terminata la visita del borgo occorre salire fino alla Cappelletta sommitale da dove, a sinistra, si diparte il "sentiero natura". Così dice il cartello che forse vuole alludere al fatto che la natura se lo è ripreso. Il fondo infatti è abbastanza disconnesso e infrascato, anche se comunque sempre ben visibile e privo di difficoltà. In leggera discesa ci si porta fin sopra la frazione di Cà d'Giani alla quale si discende con un ultimo tratto in decisa pendenza. Anche questa frazione è in buone condizioni di conservazione e merita una visita alla ricerca di scorci interessanti, quali un vecchio forno e le vestigia di antichi vigneti. Si riprende la discesa verso Creste su comoda mulattiera sempre nel sottobosco. Da Creste ci si tuffa sulla lunga scalinata che riporta a Beura.



 Da Cuzzego a Cardezza (A/R)    (260m dislivello - 5Km - 2h)   gennaio 2024

Bella passeggiata adatta a tutti su mulattiere in buono stato e ben pulite. Si parte da Cuzzego, dove è facile trovare parcheggio, si traversa il paese verso monte e dalla chiesa Parrocchiale iniziano i cartelli indicatori e i segnavia bianco/rossi.
Era zona di grande devozione, come un tempo erano tutte queste frazioni montane, e tutto il percorso è popolato di cappelle, chiesette e croci. Già al primo tornante della mulattiera si incontra la prima. Terminato il primo tratto di salita, in ambiente ora più aperto, in falsopiano si arriva alla località Ca Pinauta, in posizione soleggiata e panoramica. Molti i segni di antiche coltivazioni e vigneti, ora quasi in abbandono. Poco oltre si incontra un bivio, dritto si punta all'abitato di Cardezza, e sarà il tratto che farò al ritorno, a destra, con un breve tratto ripido e poco evidente, si arriva ad incrociare una strada consortile che scende dalla frazione di Pernetti. Si segue questa strada, che collega le varie case sparse, sino al punto più alto del tracciato odierno, presso l'Oratorio di sant'Antonio. 
Da qui conviene scendere a Cardezza seguendo la Via Crucis che termina alla Chiesa Parrocchiale. Può valere la pena di fare un breve giro attorno alla chiesa col suo battistero, la Colonna della Peste e il cimiterino panoramico. Un centinaio di metri su strada asfaltata fino al Cimitero Nuovo da dove  riprende la mulattiera che, tra altre cappelle e frazioni, riporta al bivio citato in salita. Da qui in piacevole discesa fino a Cuzzego. 



Alla Rocca di Vogogna    (200m dislivello - 3Km - 1h 30')   febbraio 2024

Tranquilla passeggiata attorno a Vogogna, a cui si può dedicare una mezza giornata per conoscerne il centro storico, con il Castello Visconteo e il Palazzo Pretorio.
Alle spalle della Chiesa Parrocchiale, seguendo le mura del castello si sale a scavalcare su ponticello il Rio delle Chiese. La mulattiera con qualche tornante in breve raggiunge il borgo di Genestredo.  Particolare un lavatoio che alle povere lavandaie certo non facilitava il lavoro. Tenendosi sulla destra un sentiero conduce alla Rocca, dove la vista spazia sulla piana circostante. Si ritorna sui propri passi fino a Genestredo, e si prosegue in falsopiano sulla strada asfaltata che scende a Dresio. Arrivati però alla chiesa di San Zenone una facile mulattiera, transitando per Giavinello, riporta a Vogogna.







Alpe Aurinasca

Bella ma impegnativa escursione sui ripidi pendii che scendono dallo spartiacque tra l’Ossola e la Valgrande. In considerazione dell’esposizione e delle basse quote è da affrontare preferibilmente in primavera o in autunno. Da evitare anche le giornate successive a periodi di pioggia, quando i molti tratti su pietre e roccette possono risultare scivolosi. Occorre anche essere preparati a doversi orientare “a naso” perché la dorsale è percorsa da infinite tracce che si ramificano e si intrecciano in continuazione, e molto scarsi sono i segnavia a vernice e ometti di pietre. (vedi NOTE al termine dell’articolo)

Parcheggiata facilmente l’auto si attraversa l’abitato di Cuzzego raggiungendo la chiesa parrocchiale, da dove inizia il tracciato che sale a Cardezza. Appena oltre le ultime abitazioni, al bivio prendere a destra per Cortigio / Aurinasca. Il primo tratto è molto caratteristico con scalini in sasso o direttamente scavati nella roccia. Si entra presto nel bosco con pendenze sempre severe con fondo invaso da foglie e rami spezzati. Si giunge così alle baite diroccate e imboscate di Buretti, che un tempo doveva anche essere un posto ambito, visto il numero di abitazioni. Da qui il tracciato riprende ripido, con stretti tornanti e sempre sotto il fitto bosco, fino a raggiungere l’alpeggio di Cortigio. Si sbuca nei pressi di una casa ben ristrutturata e di un bivio, in falsopiano a destra si trovano le baite dell’alpeggio da cui si gode di una bella vista sulla piana di Villadossola e sulla frontale Valle Antrona.

Il balcone panoramico all'alpe Luera

Alle spalle delle baite, in decisa salita riprende il sentiero. Il bosco è meno fitto, il fondo è meno ingombro di vegetali caduti e anche la segnaletica è più presente. Occorre un poco ci prudenza in qualche passaggio esposto. Si raggiunge l’alpe Luera, che consiste di una sola abitazione, ma in una posizione invidiabile.

L’itinerario riprende nel valloncello alle spalle della baita, ci si sposta verso destra per ritrovare il tracciato. Da qui solo leggera salita in ambiente sempre più aperto. Si transita presso una fossa di raccolta acqua piovana (un tempo indispensabile per dissetare gli animali che rimanevano inalpati da maggio e fine giugno e che avrebbero passato i mesi più caldi in Valgrande), poi una baita isolata e infine, in piano, si giunge al lungo pascolo dell’alpe Aurinasca, ormai in buona parte invaso dal bosco.

Le prime baite di Aurinasca

Aurinasca è divisa in tre frazioni, la più panoramica e soleggiata è quella centrale dove, nei pressi di una cappelletta si può trovare un fontanile e un tavolo per riposare. Un alpigiano, che nella buona stagione passa parecchi giorni quassù, mi ha fatto compagnia raccontandomi fatti di vite che oggi sembrano impossibili.

Per il ritorno a valle avevo pensato ad una discesa che da Aurinasca Fuori, passando per l’alpe Fonten, riporta a valle sulla strada tra Cuzzego e Prata. Avevo anche trovato l’inizio del sentiero con tanto di tabella indicatrice, ma il nuovo amico alpigiano mi ha sconsigliato: il tracciato è molto inselvatichito, non è pericoloso, ma chi non lo conosce rischia di perderlo facilmente. Quindi ritorno sui miei passi.

(vedi altre foto)


Effettuata 15 Marzo 2024
Dislivello complessivo760 m   
Distanza percorsa 13 Km
Tempo di cammino 6 h  30'


NOTE  importanti:

La descrizione dalla salita è però quella “teorica” che avrei potuto fare se non ci fossero stati problemi di orientamento. Salendo, nel tratto fino a Luera, mi sono accorto spesso di essere fuori tracciato, ingannato da false piste e dalla scarsità di segnali, allungando così il cammino. Ogni volta dovendomi impegnare a rientrare sul sentiero ufficiale. Durante la discesa mi sono accorto di quali erano stati i principali punti di errore in salita, ne ho fotografati 3 che qui descrivo per evitare ad altri le fatiche che mi son dovuto cuccare.

Il primo punto chiave è a quota 390/400, prima di Buretti. Durante un traverso in direzione nord. Il tracciato giusto si separa sulla destra con una netta inversione di direzione, senza nessuna indicazione o segnale, e si inerpica su strette roccette, che non comporta difficoltà, tranne quella di individuarlo.

Il secondo punto chiave è nel tratto tra Cortigio e Luera. Si arriva a un roccione e sembra che il percorso debba riprendere in direzione contraria (nord)… e invece bisogna proseguire dritto, scavalcando e aggirando l’ostacolo. Non segnalo nulla di pericoloso, basta proceder con prudenza, sono solo pochi metri.

Situazione che si ripete identica al terzo punto chiave, nello stesso tratto ma più su, poco prima di giungere all’alpe Luera.

Ultima avvertenza: per questa escursione avevo previsto la partenza da Cardezza sul sentiero che sale a Cortigio traversando il vallone del Rio Cuzzego, probabilmente più lungo ma con meno dislivello. Il precorso iniziale è bello (in blu sulla mappa), specialmente nel tratto sul lato orografico destro del canalone, attrezzato con qualche fune e ringhiera. Purtroppo, arrivato al guado del torrente ho dovuto arrendermi: troppa acqua, massi scivolosi e nulla a cui aggrapparsi. Forse in periodi “di magra” la situazione può essere diversa. Quel giorno, per me almeno, era impossibile. Giornata da reinventare con perlustrazioni delle varie frazioni attorno a Cardezza, sempre interessanti.

 


Cappella della Croce

La Cappella della Croce era in cima ai miei desideri da parecchi anni, da quando l’avevo scorta guardando col binocolo, dal piano di Altoggio verso la sella erbosa al fondo della valle Isorno (per chi sa dove cercarla è visibile anche dal piano tra Villa e Domo). Le foto e le descrizioni reperibili on-line non facevano che aumentare la mia voglia di raggiungerla.

C’era però un problema. La strada carrozzabile aperta alla circolazione termina poco sopra Altoggio e il dislivello totale rimanente (1.500m) e la distanza (22km tra A e R) sono abbondantemente fuori della portata di un escursionista “normale” … e sicuramente della mia. Meno disumano poter partire da Giovera.

Sono quindi andato in Comune a Montecrestese ad informarmi su eventuali permessi giornalieri, risultati ovviamente NON disponibili a conferma della scarsa cultura turistica di buona parte degli amministratori dell’Ossola. Ho però scoperto l’esistenza di un “passatore” autorizzato al trasporto di escursionisti. Contattato telefonicamente ho appreso che il servizio vale solo per il fondovalle, cioè tra Altoggio e Agarina, mentre la strada che sale a Giovera è giudicata troppo stretta e ripida per il pulmino utilizzato.

Rimaneva la possibilità di sfruttare il giorno della festa annuale di Agarina, durante la quale le strade sono aperte alla libera circolazione. Per anni però la festa è capitata in giorni dal meteo incerto o soppressa causa Covid.

Ho anche pensato di noleggiare una ebike sperando di arrivare, grazie alla tecnologia, fresco come una rosa a Giovera. Ma alla prova dei fatti ho abbandonato il progetto - la batteria aiuta sì ….ma la sella massacra !!

CONLUSIONE: considerando che alla mia età non avevo ancora molte chances per raggiungere l’ambita meta, quest’anno ho deciso per una soluzione autarchica, con buona pace di chi costruisce e manutiene strade con soldi pubblici e sovvenzioni varie, e ne riserva l’utilizzo a pochi fortunati. Tra l’altro anche in modo discriminatorio verso altri loro concittadini che hanno beni in luoghi non raggiunti da questo progresso “selettivo”. Amen.

Ho iniziato l’escursione oltre Coipo, poco sopra il bivio con la carrozzabile per Alagua.

Uno sguardo indietro verso la piana di Domo

Si segue per pochi minuti la carrozzabile fino al cartello che indica l’inizio del sentiero. Il primo tratto è in salita, sotto un bosco di faggi e castagni, e in dieci minuti giunge ad incrociare la mulattiera che viene da Giovera. Da qui inizia il lunghissimo traverso che taglia in leggera salita tutto il crinale del Monte Larone. Quasi tutto il tracciato è allo scoperto o protetto da rade conifere, affacciato sul fondo della valle Isorno e con vista sulle cime dello spartiacque con la val Vigezzo. Riconoscibili le rocce della Scheggia e della Pioda di Crana. Volgendo lo sguardo all’indietro si domina la piana di Domodossola e l’insieme delle sue valli occidentali.

È un’escursione bella per gli ambienti d’alta montagna attraversati e per i vasti panorami, ma bella anche per il tracciato in sé, per questa lunga mulattiera lastricata che, nei tratti ben conservati, fa pensare ad una antica via romana.

Per semplificare, l’escursione si può dividere in sezioni. Nella prima il traverso prosegue a mezza costa con solo qualche tratto in decisa salita, transitando per gli alpeggi abbandonati di Corte di fuori e Corte di dentro.

Il Pizzo dei Quattro Pilastri e a destra la sella erbosa con la Cappella

Superato il secondo alpeggio (in zona c’è l’unica acqua disponibile) l’ambiente cambia. La mulattiera si porta a ridosso delle balze rocciose del Monte Larone, che vengono scontornate con un tratto umido ed ombroso. In alcuni punti funi e steccati proteggono il percorso leggermente esposto.

Terminato questo tratto il tracciato arriva a sfiorare il crinale erboso, affacciandosi per poche decine di metri sulla valle Antigorio, con bella vista sul gruppo del Cistella.

Poco oltre il percorso ritorna agevole e soleggiato, fino a raggiugere e superare i ruderi dell’alpe Loccia, alle spalle della quale inizia il tratto finale. La mulattiera sparisce e diviene una ripida scalinata che si insinua tra canalini e roccioni per sbucare alfine sul pratone sommitale che porta alla Cappella della Croce, strategicamente posizionata allo scollinamento sul versante dell’alpe Matogno. 

Da questo stupendo balcone panoramico la vista spazia in tutte la direzioni, fino alla parete Est del Monte Rosa, grazie alla giornata eccezionalmente serena e limpida. Unica sorpresa: credevo che dal colle si vedesse anche il lago di Matogno, ma non è così. Il vasto vallone, con gli alpeggi di Ratagina, Cortefreddo e Fiesco era ancora caricato da centinaia di capre. Ho saputo che la zona è stata visitata da lupi provenienti da Cravariola e dalla Svizzera, e che si sono avute alcune predazioni.

Gli alpeggi di Ratagina e Matogno

Per il rientro ho seguito il percorso della salita, allungando leggermente per raggiungere l’alpe Giovera di sopra, in bella posizione e ben curata, anche perché qui termina la strada asfaltata che sale da Altoggio.

In tutta la giornata ho incontrato due persone: la bella pastorella delle capre di Matogno, che però non è da contare, e un cacciatore di camosci, stile Robert de Niro. Prova evidente che rendere difficile se non impossibile l’accesso a questa meravigliosa zona, non farà che accelerarne la morte.


 
.....avevo ragione!!



Effettuata 27 Settembre 2023
Dislivello complessivo750 m   
Distanza percorsa 14 Km
Tempo di cammino 6 h  30'