Veduta d'insieme con indicazione degli alpeggi principali (vista da Genuina) |
La dorsale che unisce il Pizzo di Albiona al Camoscellahorn
(Pioltone) in direzione Est-Ovest fa da spartiacque tra la val Bognanco e la
val Divedro e questo lato viene chiamato OVIGO.
Il versante bognanchino è molto ampio e solare, ricco di laghetti
e torrenti, di pascoli e boschi di larici. Un versante i cui alpeggi sono
ancora innalpati nella stagione estiva e molto frequentato da turisti ed
escursionisti.
Il lato divedrino è l’esatto opposto: versanti scoscesi o quasi
verticali, coperti da una ininterrotta foresta di abeti, faggi e roverelle. Una
montagna dura, selvaggia e difficile, alla quale per secoli i valligiani hanno
conteso ogni più piccolo pianoro per farne magri pascoli, costruendo con grandi
fatiche baite e ricoveri per il bestiame, ardite teleferiche per portare a
valle legname e prodotti, e realizzando una rete di mulattiere per superare i
balzi rocciosi inventandosi percorsi che hanno dell’incredibile. Questi
percorsi ogni anno richiedevano interventi di manutenzione e riparazione per i
danni che la conformazione dei luoghi e la furia degli elementi inevitabilmente
causavano.
Proprio questo però è il fascino di luoghi che meritano di essere
visitati, con rispetto e prudenza, alla ricerca delle vestigia di un’epoca che
è finita pochi decenni fa ma sembra lontana anni luce. Dagli anni 50 e 60 l’economia
della valle, come ovunque, è decisamente cambiata e quasi più nessuno ha motivo
e voglia di ripetere quelle grandi fatiche.
Anche in questo i tempi sono cambiati: su questi terrazzi
scarseggia l’acqua, manca la corrente e soprattutto non c’è rete, ed i nipoti di
oggi coi nonni non ci vanno più.
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