Le valli che circondano Domodossola offrono una grande varietà di percorsi adatti ad ogni tipologia di escursionista. In queste pagine mi propongo di riportarne alcuni, da me provati, e di fornire qualche informazione, sperando di fare cosa utile ad altri appassionati come me.

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Bivacco Gaiola

 

Questa escursione è da vedere come una possibile variante a quella fatta tempo fa per raggiungere l’alpe Deccia da Foppiano.

Si sale all’alpe Prepiana per il medesimo tracciato. Qui invece di dirigersi a destra si segue a sinistra l’indicazione per il monte Cistella. Il sentiero è in buone condizioni, facile e ben segnato, e con un lungo traverso in costante salita, sotto un bellissimo bosco di abeti, in circa 30 minuti si raggiunge il bivacco Gaiola.

!!! Bivacco chiuso !!! con lucchetto e cartello che informa che le chiavi sono da ritirare in Comune a Crodo.

Ma la funzione di un bivacco/rifugio on dovrebbe essere quella di fornire una base di appoggio per escursioni lunghe ed impegnative e, soprattutto, di garantire un ricovero in caso di imprevisti? Quando sono prevedibili perturbazioni un escursionista non si reca in Comune a chiedere la chiavi. Rimane a casa e rimanda a tempi migliori. Per non parlare poi della complicazione logistica: una mattina per ottenere le chiavi (gli orari degli uffici comunali non sono compatibili con quelli escursionistici) ed un’altra per renderle.

Mi sfugge il senso di questa politica… e questo caso non è l’unico. Negli anni ne ho trovati altri, in giro per le valli ossolane. Fortunatamente pochi. Le mappe però non dovrebbero indicarli come rifugi o bivacchi, ma come baite private. Si eviterebbe così di dare false aspettative agli escursionisti.

Dal bivacco non si gode di vista panoramica né sul massiccio del Cistella né sul fondovalle, per cui ho deciso di proseguire oltre seguendo il sentiero che punta alla vetta. Il tracciato si fa più impegnativo, la traccia è molto stretta fra erbe, cespugli e pietre. Il primo tratto in forte pendenza risale il bosco tra enormi massi erratici, per poi tagliare in diagonale il vasto anfiteatro. Mi sono portato fino a quota 1900m circa, sotto la Croce dei Meri, dove il sentiero inverte la direzione e punta verso la Costetta e dove il panorama, soprattutto verso monte, è veramente suggestivo. 


Sono ritornato sui miei passi fino alla fonte poco a monte del bivacco Gaiola dove una palina indica l’inizio del tracciato verso l’alpe Deccia. Questo sentiero non è riportato sulle mappe ma risulta ben segnato. In alcuni tratti è ridotto ad una traccia nel sottobosco, in altri punti riappare un’antica mulattiera larga e lastricata. È comunque un percorso facile e piacevole, che sale dolcemente fino a quota 1800m e termina, dopo circa 40 minuti, su un vasto pianoro poco a monte delle baite di Deccia Superiore. Il panorama è grandioso.

Per il rientro a Foppiano ho seguito il percorso già fatto la volta precedente.

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Effettuata16 Luglio 2025
Dislivello complessivo850 m   
Distanza percorsa 11 Km
Tempo di cammino 6 h 



Alpe Cavallo

 

Si può parcheggiare lungo la provinciale, subito oltre il ponte sull’Ovesca, oppure nel piccolo piazzale all’ingresso della frazione Rivera. Tra i vicoli inizia la facile mulattiera che sotto un fitto bosco misto sale a Bordo (vedi) in posizione aperta e soleggiata. Si prosegue in falsopiano per giungere a Cheggio, frazione raggiungibile anche in auto. Superato il ponticello sul Rio Balmel, a destra si stacca il sentiero per l’alpe Cavallo.

Inizialmente con un lungo traverso in lieve salita e superata la bella cappella cinquecentesca di Mundù, si raggiunge il crinale boscoso che scende dal Pizzo Ciapé, dove inizia l’interminabile serpentina, in discreta pendenza ma fortunatamente fresco e ombroso, che termina alle baite del Crupp, la frazione più bassa dell’alpe Cavallo. Per tutta la salita si ha sotto gli occhi il triste spettacolo della morte di tutti gli abeti del versante - alcuni già a terra, altri ancora in piedi ma completamente rinsecchiti e sfrondati – sicuramente colpiti da qualche parassita inesorabile. 

Circa a metà della salita, verso quota 1.000, si incontrano i resti dell’alpe Alber, completamente diroccato e mangiato dal bosco. Una croce ricorda il sacrificio di due partigiani, morti qui pochi giorni prima della fine della guerra…. RIP.

Quando su sbuca ai prati del Crupp finalmente si gode del vasto panorama che spazia verso sud, dal fondovalle ossolano alla dorsale della Colma di Castiglione, fino al Pizzo del Ton. Si risale il ripido prato verso le poche baite, due delle quali risistemate, per riprendere la traccia che rientra nel bosco e in cinque minuti porta al vasto altopiano dell’alpe Cavallo. Anche qui poche baite sparpagliate ai margini della radura. Sul cocuzzolo una cappella, una croce, un monumento a ricordo degli alpigiani deceduti ed una panchina in posizione strategica per un panino con vista. Qui il panorama si apre anche verso nord, con il passo di Ogaggia tra la Testa dei Rossi a dx. e il Pizzo Ciapé a sx.

Come tante frazioni della bassa valle Antrona, frequentate ormai quasi esclusivamente da stranieri (svizzeri, tedeschi e olandesi) anche qui l’unica baita aperta è risultata abitata da una piccola comunità di tedeschi, con un sacco di bambini, quasi un revival dei mitici “figli dei fiori”.

Per il ritorno a valle ho rifatto il percorso della salita. Il sentiero verso San Pietro (tabella indicativa) mi è stata sconsigliato perché troppo inselvatichito. 

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Effettuata16 Giugno 2025
Dislivello complessivo800 m   
Distanza percorsa 8 Km
Tempo di cammino 6 h 



Alpe Pluni

 

Si parcheggia nel piazzale sotto la chiesa e si segue per poche decine di metri, in discesa, la strada per Cannobio. A sinistra, tra le case, si stacca la mulattiera che sale all’alpe Pluni (tabella) con un percorso lungo ma facile, che alterna tratti in salita a traversi in falsopiano. Il fondo è in buone condizioni, pulito e sempre ben evidente. Si cammina quasi sempre in ombra, sotto un bosco fresco e luminoso, che cambia continuamente.

Nel primo tratto, che ha le pendenze maggiori, si risale tra roverelle una mulattiera selciata con molti gradoni. In una quindicina di minuti si sbuca su una radura soleggiata che offre la vista su Finero e alta val Cannobina. La traccia punta sempre a est tra cespugli di ginestra e felci, su un fondo di terra e roccette dal colore rossiccio caratteristico del versante. 10 minuti e si ritorna nel bosco, ora di abeti. Qualche tornantino e lunghi traversi. Si guada un ruscello e l’ambiente ancora cambia, agli abeti subentrano carpini, ontanelli e giovani faggi. Un tratto in decisa salita in ambiente più aperto che sale a sfiorare il crinale della Colmine (con una sella erbosa da cui affacciarsi sulla val Vigezzo) ed un ultimo lungo traverso sotto faggi secolari per giungere ai prati di Pluni.

L’alpe è formata da poche baite, tutte in ottimo stato, una delle quali ospita un Bivacco – essenziale ma accogliente – con targa a ricordo delle lotte partigiane del 43/45.

La posizione è panoramica sulla intera valle Vigezzo, sull’alta Ossola e le Centovalli. Purtroppo una densa foschia da afa per tutto il giorno mi ha privato dello spettacolo. Da Pluni è ben visibile la cima del monte Torriggia, con l’alta croce metallica di vetta, che però non rientrava nel mio programma. Avevo pensato di proseguire sino alla forcella (senza nome) che scollina verso la val Cannobina, sopra Montevecchio e Orasso, così per dare lo sguardo ad un altro versante. Guardando in direzione del crinale si nota una baita isolata su un piccolo dosso erboso sicuramente panoramico e, immaginando che si dovesse trovare sul percorso, mi sono ripromesso di arrivare almeno fin là.

Si lascia Pluni su traccia erbosa che subito entra in un bosco di faggi, la salita è dolce e fresca fino ad un piccolo guado. Da qui la salita è più impegnativa per la forte pendenza e le roccette da superare, a volte anche appoggiando una mano a terra. L’ambiente è però suggestivo, aperto, soleggiato e panoramico, e circondato da una fitta macchia di pini mughi, abbastanza poco diffusi in Ossola. Il sentiero scontorna un dosso un poco esposto per poi raggiungere, nei pressi di una piccola sorgente, l’ultima rampa verso la forcella. Lo scollinamento avviene però in una zona fittamente boscosa che preclude ogni panorama. Ho deciso di proseguire a sinistra sulla traccia che sale al monte Torriggia. Dopo un primo tratto facile si sbuca sulla radura di cresta che porta agli ultimi 100m di salita. Sono rimasto dubbioso – la traccia punta direttamente a passaggi su roccette che mi sono sembrati impegnativi, almeno per me. Non ho visto altri escursionisti in zona e ho rinunciato. Ho però avuto la fortuna di fotografare due aquile che volteggiavano attorno alla croce di vetta.

Sono ridisceso alla forcella e subito alla sorgente. Qui ho visto una traccia evidente che puntava verso monte, mi sono ricordato della baita solitaria e ho deciso di provare. 

In pochi minuti e 30m in dislivello ho raggiunto effettivamente il piccolo alpeggio abbandonato. Posizione fantastica per riposare e rifocillarmi. Da qui era visibile la recente strada consortile che da Pluni scende verso Finero e che avevo valutato come opzione per un giro ad anello. È però un tracciato abbastanza aperto e soleggiato, esposto a sud e incassato nel vallone del Rio Creves. Insomma non l’ideale per un afoso pomeriggio di giugno. Ritornato a Pluni ho deciso di percorrere il medesimo tracciato della salita, che posso confermare fresco ed ombroso anche nelle ore pomeridiane.

Attenzione: tra Pluni e Finero non si trova acqua.

(vedi altre foto)


Effettuata9 Giugno 2025
Dislivello complessivo770 m   
Distanza percorsa 10 Km
Tempo di cammino 6 h 



VERTICAL per alpe Tagliata

 

Parcheggiando all’ingresso di Anzola e dirigendosi verso la chiesa di San Rocco, si ha modo anche di visitare questo tranquillo borgo. Si segue via Talamone che punta verso monte, al termine della quale inizia la bella scalinata che sale al Santuario della Madonna del Carmine e prosegue fino a incrociare la strada consortile per l’alpe Piazzagrande. Qui una tabella indica l’inizio del tracciato VERTICAL (nel nome una promessa). Un tracciato sempre evidente e pulito che con pendenze molto forti, senza un attimo di tregua, risale il crinale portandosi verso il bordo del profondo vallone del Rio Anzola. Il fondo, tutto a gradoni su pietre o direttamente scavato nel sasso, fortunatamente è in buone condizioni. Si rimane costantemente nell’ombra di un bosco misto che dà abbastanza frescura limitando però di molto la vista panoramica (probabilmente più godibile a fine inverno).

Salendo si incontrano indicazioni delle località (fantasma) raggiunte. Verso quota 500 si ha l’unico tratto pianeggiante (10m, non di più) con fontanella e panchina addossate al roccione dove tirare il fiato. Dopo la località 3 Cruset ha inizio il tratto più verticale del percorso, che fortunatamente non dura a lungo. Il bosco, ora di betulle, diventa più luminoso ed il fondo a tratti si fa erboso. Si raggiunge Pian Sola e si sbuca sulla strada consortile. Si deve seguire la strada per una ventina di metri e riprendere, a destra, il percorso VERTICAL. La realizzazione della strada ha sicuramente sacrificato un tratto del tracciato originale, infatti ci sono 20m con dislivello brutale, su un fondo instabile che richiede attenzione. Più su ricompare il sentiero, ora con pendenza meno decisa e che si avvicina più volte ai tornanti della strada carrabile. Sono però sempre rimasto sul vecchio tracciato. Superate alcune abitazioni isolate e una bella cappelletta si raggiungono finalmente i pascoli dell’alpe Piazzagrande. Abitazioni ben ristrutturate sono sparse un po’ ovunque. Su traccia tra l’erba alta si deve risalire il prato sino alle abitazioni più alte, a destra delle quali riprende il tracciato VERTICAL verso l’alpe Tagliata.

Questo tratto è veramente bello. Il sentiero, senza più gradoni, in costante ma tollerabile pendenza, in circa 50min supera i 300m di dislivello rimanenti. Il bosco di rade betulle offre sia frescura che vari scorci panoramici sulle cime circostanti. Un tavolo in pietra e un grande fontanile segnano l’arrivo all’alpe e al termine del tracciato VERTICAL – 1000 metri tondi tondi.

Meritato riposo e colazione sui prati, cambiando ogni tanto posizione per poter godere del vasto panorama disponibile: dal lago di Mergozzo, alla catena delle cime della Val Grande, dalla piana ossolana alle prime cime della Valle Anzasca, dalla Colma di Castiglione al Pizzo Andolla ai 4000 Vallesani.

Tranquillo il ritorno a Piazzagrande per il medesimo tracciato della salita. Per la discesa ad Anzola ho deciso di seguire la carrabile. Lunghi traversi, sequenze di stretti tornanti, qualche tratto in forte pendenza. Sembra non finire mai, però molto belli gli scorci panoramici sul fondovalle ed il versante a fronte.

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Effettuata23 Maggio 2025
Dislivello complessivo1020 m   
Distanza percorsa 10 Km
Tempo di cammino 7 h 



Passo delle Possette (NEVE)

 

Al passo delle Possette sono salito diverse volte e da entrambo i versanti ma sempre in estate (vedi:   Alpe Camoscella   Monte Teggiolo). Questa volta ho voluto provare in primavera, dal versante nord di San Domenico, confidando di trovare ancora neve, almeno nel tratto finale. Così è stato.

Dopo aver parcheggiato a Ponte Campo ho seguito la gippabile per l’alpe Veglia fino alla sbarra, dove ho preso a sinistra in direzione dell’alpe Vallè. Dopo pochi minuti ho incontrato una prima slavina, superata senza difficoltà. Poco più oltre una grande frana di neve, massi e terra, che si è portata via una decina di metri di strada, ha richiesto un poco di attenzione. La strada entra poi in un bel bosco di larici (alcuni secolari) e con traversi e tornanti risale il vallone, con alcuni tratti in forte pendenza e qualche lingua di neve. Poco sopra quota 1700, ad un tornante a destra, un sentierino in falsopiano, non indicato ma ben visibile, raggiunge le baite più basse dell’alpe Vallè. Su traccia erbosa si risale a zig-zag il vasto pascolo per sbucare sul piano principale. Qui la vista si apre verso Ciamporino e il Pizzo Diei.

Un ultimo tratto di strada carrabile conduce alle poche baite della frazione Stalletto dove termina l’alpeggio e ricomincia un rado bosco. Salendo verso Balmelle le lingue di neve progressivamente aumentavano sino a divenire uno strato compatto. La giornata fresca e l’esposizione a nord hanno mantenuto il manto abbastanza duro da non rendere necessarie le ciaspole. Le tracce del passaggio di escursionisti dei giorni precedenti creavano un groviglio di piste che divergevano e tornavano ad incrociarsi, fornendo comunque una direzione di marcia, mancando completamente altri segni indicatori (sepolti nella neve). Giunto al balzo finale che porta all’alpe Balmelle ho proseguito a vista, seguendo la pendenza più conveniente. Dalle baite è ben visibile l’intaglio del passo delle Possette raggiungibile con percorso libero grazie alla compattezza del manto nevoso.

Dal passo si ha una vista stupenda sulla val Divedro e sulla cresta che la separa dalla val Bognanco, mentre alle spalle appare l’imponente pala del Monte Leone. Sarei rimasto volentieri a lungo ad ammirare il panorama ma il vento teso e freddo mi ha spinto a ridiscendere alle Balmelle dove mi sono rifocillato e riposato a a ridosso di una baita al sole. Per la discesa ho seguito lo stesso itinerario della salita. Nell’ultimo tratto verso la piana di Vallè la neve si era un poco smollata, sarebbero state utili le ciaspole, che per pigrizia non ho indossato, rassegnandomi ogni tanto sprofondare.

 (vedi altre foto)


Effettuata17 Maggio 2025
Dislivello complessivo860 m   
Distanza percorsa 12 Km
Tempo di cammino 7 h